La violenza sul luogo di lavoro è una piaga silenziosa che, negli ultimi anni, ha assunto proporzioni sempre più preoccupanti. Quando si pensa a violenze e molestie in ambito professionale, si tende spesso a immaginare dinamiche interne tra colleghi o superiori. Tuttavia, nel settore sanitario, il pericolo si presenta spesso da un’altra direzione: pazienti, utenti e familiari. Un aspetto ancora troppo sottovalutato, ma che sta minando profondamente la serenità e la salute psicofisica degli operatori sanitari.
La realtà quotidiana di chi cura
Infermieri, medici, operatori socio-sanitari e personale amministrativo che lavorano in ospedali, ambulatori, pronto soccorso e strutture territoriali si trovano quotidianamente a fronteggiare situazioni di tensione emotiva, urgenze, paure e frustrazioni da parte dell’utenza. In questo contesto, il rischio che un gesto verbale degeneri in aggressione fisica o psicologica è molto alto.
Secondo i dati più recenti forniti da INAIL e da indagini condotte a livello nazionale, oltre il 60% del personale sanitario dichiara di aver subito almeno un episodio di violenza nel corso della propria carriera. Spesso si tratta di aggressioni verbali, ma in molti casi si arriva anche a spinte, minacce, lancio di oggetti e, nei casi più gravi, lesioni fisiche.
Un fenomeno sottostimato
Una delle caratteristiche più allarmanti di questa forma di violenza è la sua sottovalutazione. Gli episodi vengono spesso normalizzati o taciuti. “Fa parte del mestiere”, si sente dire. Ma la verità è che nessun lavoratore dovrebbe accettare la violenza come una componente inevitabile della propria professione.
Il silenzio che circonda questi eventi è dovuto anche alla mancanza di tutele reali, alla scarsità di formazione specifica e a un vuoto normativo che, sebbene in parte colmato con recenti aggiornamenti legislativi, non riesce ancora a garantire un’adeguata protezione per chi è in prima linea.
Cause e contesto
Le aggressioni nascono da frustrazioni legate all’attesa, da diagnosi incerte, da informazioni poco chiare, ma anche da sofferenze personali che si trasformano in rabbia verso chi rappresenta l’istituzione sanitaria. Il personale diventa il capro espiatorio di un sistema percepito come lento, inefficiente o disumanizzante.
La carenza di risorse, l’iper-affollamento delle strutture, la pressione costante e la mancanza di supporto psicologico per gli operatori alimentano un circolo vizioso in cui le tensioni esplodono con sempre maggiore frequenza.
Le conseguenze per gli operatori
Gli effetti di queste aggressioni non si esauriscono con il momento dell’evento. Chi subisce violenza può sviluppare ansia, stress post-traumatico, burnout o decidere di abbandonare la professione. Il danno non è solo individuale: si ripercuote sull’intero sistema sanitario, aumentando il turn-over, riducendo l’efficacia delle cure e generando un clima lavorativo tossico.
Prevenzione e contrasto: cosa si può fare
Affrontare il problema richiede un approccio sistemico, che coinvolga le direzioni sanitarie, i legislatori, le organizzazioni sindacali e le istituzioni formative. È fondamentale:
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Riconoscere ufficialmente la violenza da utenti e familiari come rischio professionale nel settore sanitario.
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Formare il personale alla gestione dei conflitti e alla comunicazione in situazioni critiche.
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Potenziare i presidi di sicurezza, soprattutto nei reparti a rischio, come i pronto soccorso.
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Promuovere una cultura della denuncia, proteggendo chi segnala e attivando protocolli rapidi di intervento.
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Sostenere psicologicamente le vittime, per evitare che un episodio traumatico comprometta la loro carriera.
Un cambiamento culturale necessario
Proteggere chi cura è un dovere etico e civile. Non può esserci un sistema sanitario forte e umano se chi vi lavora viene lasciato solo di fronte alla violenza. Serve un cambiamento culturale che riporti rispetto e riconoscimento al centro della relazione tra cittadino e operatore sanitario. Un cambiamento che parta dalla consapevolezza collettiva, alimentato da una comunicazione pubblica efficace, da una legislazione più incisiva e da politiche aziendali concrete e condivise.
Da ottobre 2022, la legge n. 4 del 15 gennaio 2021, che recepisce la convenzione 190/2019 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), include violenza e molestie nella gestione della salute e della sicurezza in tutti i luoghi di lavoro.
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